Giorgia Meloni ha preso una decisione importante sulle centrali nucleari in Italia: cosa succederà al Paese in futuro e quali saranno i rischi.
Il dibattito sull’energia nucleare in Italia è tornato al centro dell’agenda politica, con il governo di Giorgia Meloni che sembra determinato a rilanciare il programma nucleare nel Paese.
Dopo anni di incertezze e tentativi falliti, l’idea è quella di investire in centrali di nuova generazione per far fronte alla crescente domanda di energia e ridurre la dipendenza dai combustibili fossili.
Giorgia Meloni, la storia delle centrali nucleari e i rischi legati al loro utilizzo
La storia del nucleare in Italia non è nuova. Il primo progetto di centrali risale agli anni ’60, quando il Paese iniziò a costruire quattro impianti per produrre energia tramite la fissione nucleare.
Tuttavia, il percorso si interruppe bruscamente nel 1987, quando un referendum abrogativo decise la chiusura di tutte le centrali esistenti, in seguito al disastro di Chernobyl. L’incidente ucraino, avvenuto l’anno precedente, scosse profondamente l’opinione pubblica, alimentando timori sui rischi legati all’uso del nucleare.
Nel 2008, l’Italia ci riprovò con il governo Berlusconi, che propose la costruzione di dieci nuove centrali, con l’obiettivo di coprire una parte consistente del fabbisogno energetico nazionale. Tuttavia, l’incidente di Fukushima nel 2011 fece nascere nuove paure e portò a un altro referendum che bloccò il progetto.
Il nuovo piano nel dettaglio sulle centrali nucleari in Italia di Giorgia Meloni: non sono esclusi questi rischi
Oggi, il nuovo piano proposto dal governo di Giorgia Meloni punta su un modello più sicuro e innovativo. Sono stati avviati contatti con tre aziende italiane, Ansaldo Nucleare, Newcleo e Enel, per formare una società incaricata di costruire impianti di nuova generazione.
In particolare, l’attenzione è rivolta ai reattori modulari di piccola scala (SMR), che presentano costi e tempi di costruzione ridotti rispetto alle centrali tradizionali. Questi impianti potrebbero essere costruiti in meno di dieci anni, con un costo inferiore a quello delle centrali più grandi, stimato tra uno e due miliardi di euro.
Tuttavia, la decisione di tornare al nucleare non è priva di rischi. Malgrado i progressi tecnologici, i timori legati alla sicurezza sono ancora forti. Il ricordo di incidenti come Chernobyl e Fukushima resta vivo e, sebbene gli SMR siano considerati più sicuri, l’eventualità di un disastro simile non può essere completamente esclusa, sollevando preoccupazioni per il futuro energetico del Paese.